La facoltà di Medicina, sin dai primi del Novecento, è stata accessibile solo a chi proveniva da una formazione d’élite. Fino al 1923, infatti, solo gli studenti del liceo classico potevano iscriversi, una restrizione che mirava a garantire un certo livello di preparazione culturale, ma che al contempo limitava la partecipazione. Con la riforma del 1923, anche i diplomati del liceo scientifico poterono accedere, e questa apertura si estese nel 1969 a tutti i diplomati, indipendentemente dal tipo di scuola superiore frequentata. Questo cambiamento rifletteva l’idea di una medicina più democratica e inclusiva, ma portò anche a un crescente numero di iscritti, ben oltre le capacità delle università di formare medici in modo ottimale.
La nascita del numero chiuso e il contesto europeo
Il sovraffollamento e la necessità di garantire una formazione di alta qualità portarono l’Italia, a partire dal 1987, a introdurre test di ammissione per la facoltà di Medicina, seguendo una direttiva dell’Unione Europea. Questo regolamento mirava a stabilire standard formativi elevati in tutta Europa, assicurando che ogni paese potesse formare un numero di medici proporzionato alle sue reali esigenze sanitarie. Nel 1999, dopo una serie di dibattiti e ricorsi, il numero chiuso a Medicina divenne legge in Italia e, nel 2013, la Corte Costituzionale ne confermò la legittimità.
Il dibattito sull’abolizione: tra carenza di medici e qualità formativa
L’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha esposto in maniera drammatica la carenza di medici in Italia, portando all’attenzione pubblica l’argomento del numero chiuso. Molti sostengono che mantenere limitati gli accessi alla facoltà di Medicina in un periodo di crisi sanitaria non sia più sostenibile. Altri, invece, difendono il numero chiuso come garanzia per evitare un sovraffollamento delle università e assicurare una preparazione professionale di qualità.
Soluzioni intermedie e riforme recenti
Nonostante il numero chiuso sia ancora in vigore, vi sono stati tentativi di rendere il processo di selezione più flessibile. A inizio 2022, l’allora ministra dell’Università, Maria Cristina Messa, ha introdotto il TOLC Med, un test che consente agli studenti di ripetere la prova due volte l’anno e di migliorare il loro punteggio, rendendo il processo più meritocratico. Questa modalità rappresenta un primo passo verso una selezione meno rigida, ma non modifica radicalmente la situazione, poiché rimane comunque un sistema di accesso limitato.
Verso una nuova Medicina? Il modello francese e altre proposte
Tra le proposte per superare il numero chiuso vi è il modello francese, che prevede l’accesso aperto per il primo anno, con uno sbarramento successivo. Questo modello consente a tutti gli studenti interessati di iscriversi, selezionando però solo coloro che superano un determinato standard al termine del primo anno. Una simile soluzione potrebbe contribuire ad aumentare il numero di medici, mantenendo però un controllo sulla qualità della preparazione.
Conclusione
L’abolizione del numero chiuso a Medicina è un tema complesso, che coinvolge la qualità della formazione, le esigenze sanitarie del paese e il diritto allo studio. Sebbene il dibattito sia ancora aperto, è chiaro che la situazione attuale richiede un ripensamento delle modalità di accesso e formazione dei futuri medici. Sia che si tratti di un’apertura completa o di un modello intermedio, è essenziale che le scelte future considerino il bilancio tra la necessità di medici qualificati e la qualità della loro preparazione.