Intervista alla Dottoressa Valentina Fagotto
Classe 1989, veneta di origini, Valentina Fagotto si è trasferita a Udine per fare l’università prima e la scuola di specialità in geriatria poi. Ma se fisicamente si è fermata in Friuli, la sua vita lavorativa è in continuo cambiamento ed evoluzione grazie alle passioni innate ma anche ad un sistema che oggi stenta a dare stabilità anche a chi di professione ha scelto di fare il medico.
Ne parliamo insieme a lei.
DsW. Valentina, raccontaci cosa hai studiato e il percorso che hai fatto
V.F. Ho studiato medicina e chirurgia a Udine dove ho poi continuato con la scuola di specialità in geriatria. Durante il percorso di studi mi sono spostata a Monaco di Baviera dove ho seguito un progetto di ricerca per un anno e mezzo poi sono rientrata e una volta specializzata ho subito iniziato a lavorare con un contratto a tempo indeterminato nel reparto di medicina interna dove avevo studiato.
DsW. Un percorso classico e perfetto fino a qui, poi cos’è successo?
V.F. È successo che nulla era ciò che mi aspettavo. I turni erano massacranti e le dinamiche estenuanti. Ero costantemente in burnout e il COVID ha solo peggiorato la situazione. Ma non si trattava solamente di fare fatica o non avere alcun tempo libero, il problema principale era non essere in condizione di fare bene il proprio lavoro, non poter dare ai pazienti quello che meritano a livello di tempo e di prestazioni.
Questo mi ha portato a dire basta e mollare, sapevo che potevo fare di più, stare meglio e lavorare meglio.
DsW. Quindi hai fatto un po’ un salto nel vuoto…
V.F. Ci ho pensato tanto, anzi tantissimo. La cosa più difficile è stato spiegare alla banca che avrei continuato a pagare il mutuo anche senza contratto a tempo indeterminato! Ma è stata la scelta migliore che potessi fare perché mi ha dato la possibilità di crescere, di coltivare le mie passioni, lavorare meglio e di più.
DsW. Parliamo delle tue passioni (che coinvolgono sempre la medicina!)
V.F. Nel corso degli studi e dell’esperienza ospedaliera ho percepito una forte carenza nella personalizzazione del trattamento dei pazienti. In Italia abbiamo una popolazione geriatrica percentualmente fra le più numerose al mondo e la fetta più grande è rappresentata da donne. Nonostante questo, somministriamo farmaci testati per lo più su una popolazione maschile di fasce di età non rappresentative. Questo ha iniziato a farmi riflettere e mi ha spinta sempre più a studiare e indagare la medicina di genere fino a specializzarmi nella cura e trattamento delle donne.
DsW. Puoi dirci qualcosa di più sulla medicina di genere?
V.F. Che uomini e donne siano biologicamente diversi è sempre stato noto alla medicina, ma fino a pochi anni fa non si è mai indagato su quanto questo possa influire sulla sintomatologia, sulla risposta alle terapie, sulla compliance, sulle esigenze nutrizionali, sull’accesso alle cure ecc. ecc. La medicina di genere fa esattamente questo, si occupa non solo delle differenze biologiche, ma anche di quelle di genere, appunto, che comprendono diversità culturali, socio-economiche e ambientali tra le altre.
DsW. Quindi ora di cosa ti occupi?
V.F. Ho integrato i miei studi con un master in nutrizione presso l’Università Politecnica delle Marche e continuo a formarmi costantemente sulla medicina di genere. Ora sono libera professionista e ho recentemente firmato il rogito per uno studio tutto mio nel quale mi occupo di nutrizione, medicina interna e geriatria. Mi dedico in maniera particolare alle donne mature, delle quali e alle quali si parla pochissimo mentre in realtà rappresentano una fetta enorme della popolazione.
Oltre a questa attività principale seguo anche uno sportello pubblico di educazione alimentare. È un servizio gratuito che il comune dove abito offre ai cittadini che possono accedervi liberamente 1 volta a settimana e ritengo che sia un valido aiuto alla cittadinanza ma anche un utile strumento per me per capire e ascoltare le esigenze e le necessità delle persone.
DsW. Progetti per il futuro?
V.F. Lo studio è solo il primo passo, perché ho già in progetto la creazione di percorsi integrati per la cura della donna a 360 gradi. Sto già lavorando a collaborazioni con psicologo, gastroenterologo, ginecologa, e altri professionisti proprio per riuscire ad offrire un supporto che spesso è difficile da trovare nel sistema pubblico. Una consulenza che si occupi dell’evoluzione della donna sotto tutti gli aspetti e soprattutto che ne copra tutte le fasi della vita, i bisogni e le necessità.
Lo sapevate che le donne vanno meno spesso dal medico e quando ci vanno a volte lo fanno come portavoce del marito e non per loro stesse? Ecco, questo può darci un po’ la misura di quanto margine ci sia per cambiare le cose!
DsW. Domanda un po’ provocatoria…ma quindi devi ringraziare il difficile sistema pubblico se sei arrivata fino a qui?
V.F. Un po’ sì! Non posso negare che se fossi stata bene nel pubblico con il mio contratto a tempo indeterminato non avrei forse avuto la spinta per fare tutto questo. È chiaro che in parte è dovuto alla persona che sono, forse avrei comunque fatto altro, ma diciamo che l’avere avuto poca scelta mi ha sicuramente spinta a prendere decisioni in maniera più veloce e netta.
Credo che questa situazione instabile sia anche un po’ un’opportunità per spingerci a fare di più, a seguire le passioni e trovare il nostro posto magari scoprendo delle carenze e dei vuoti così come ho fatto io.
DsW. Un anno fa ti eri candidata per un annuncio con il nostro progetto Medicare, ci racconti come è andata?
V.F. È andata benissimo, avevo anche ottenuto il lavoro. Mi ero candidata come geriatra per un’ottima posizione e avevo trovato l’iter molte lineare, semplice ed efficace. Era proprio il periodo in cui stavo decidendo cosa fare, se restare in Friuli e mettermi in proprio oppure trasferirmi. Alla fine, ho scelto di restare e aprire la mia attività, quindi ho fatto una scelta di vita diversa, ma sicuramente consiglierei Medicare a tutti i medici che sono alla ricerca di nuove opportunità lavorative.